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Questo libro non pretende certo di risolvere il problema filosofico del Comico, ma ne percorre le tappe attraverso la storia del cinema, tramite l'utilizzo del Corpo, dal muto alla commedia sofisticata, dalla farsa alla commedia all'italiana, fino al rapporto speciale dei comici con il cosiddetto cinema d'autore, e addirittura con la morte, avanzando una semplice ipotesi: il Comico è un formidabile rivelatore del non-senso generalizzato, e la risata è una reazione difensiva salutare, l'unica alternativa alla disperazione. Deleuze, a proposito di Nietzsche, ha parlato della potenza del Comico, ossia del necessario rapporto dell'arte con la gioia, per quanto i suoi contenuti possano essere tragici. Gioia? Sì, ma non di sostituire al senso un altro senso "più vero", bensì di rivelarne l'inestricabile vicinanza al non-senso: operazione di per sé tutt'altro che tranquillizzante. La resistenza del Comico (contro i poteri costituiti, ma anche contro le abitudini, i cliché, i più vari conformismi) si mescola spesso - specialmente in campo cinematografico a una funzione consolatoria, come è testimoniato anche dai grandi incassi che (non solo in Italia) accompagnano l'uscita di tanti film di questo genere. Ma non è solo questione di ridere, o sorridere, in maniera più o meno "intelligente". È importante la sopravvivenza nel cinema di residui delle antiche pratiche "basse", riguardanti il grottesco e la corporeità popolare, al di là della loro progressiva scomparsa.